Atabalipa con l'esercito entra in Caxamalca, dove, mostrando l'animo nemico, dagli Spagnuoli valorosamente è fatto prigione, e il suo esercito posto in fuga e parte ucciso.
Con questo appuntamento e ordine stette il governatore aspettando che Atabalipa venisse, senza comparire cristiano alcuno su la piazza, salvo che la sentinella, che dava aviso di quanto passava nel campo contrario. Il governatore e il capitan generale andavano visitando le stanze degli Spagnuoli, per vedere come provisti e in ordine stessero per uscire quando fusse stato di bisogno, animando tutti e dicendo loro che de' lor cuori stessi si facessero fortezza, poiché altre fortezze non aveano, né altro soccorso che quel di Dio, che nella maggior necessità soccorre a chi va in suo servigio; e che, se ben contra ogni cristiano erano cinquecento Indiani, dovessero essi nondimeno tenere lo sforzo che sogliono in simili tempi i cuori generosi avere, e sperassero che Iddio combatterebbe per loro; e che nel tempo dell'assalto si movessero con molta furia e prudenza, e vedessero di non incontrarsi quelli da cavallo l'uno con l'altro. Queste e altre simili parole dicevano il governatore e il capitan generale alle genti loro per animarle, ma elle stavano con volontà d'uscire nel campo piú tosto che di stare ivi nelle stanze loro, e a ciascuno nell'animo suo pareva di dovere fare per cento, e poca paura avevano, benché tanta gente vedessero.
Veggendo il governatore che il sole già tuttavia calava per nascondersi nell'Oceano occidentale, e che Atabalipa non si moveva da quel luogo dove fermato s'era, e che tuttavia si vedeva dal suo campo venir gente, li mandò per un suo Spagnuolo a dire che entrasse nella piazza e venisse a vederlo prima che fusse notte.
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