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      Or, andando questo capitano Francesco d'Oregliana a seconda del fiume, sempre lo trovava maggiore e piú veloce, per cagione di molti altri fiumi che da amendue le bande mettevano in esso, in guisa che per la gran corrente andavano ogni giorno venticinque leghe o piú, con poca fatica di quelli che remavano: e cosí caminarono tre dí, senza trovar luogo alcuno abitato, né cosa da mangiare. E quando viddero che s'erano discostati tanto dall'alloggiamento, e che aveano consumata quella poca vettovaglia che portavano, consultarono questo capitano e gli suoi compagni sopra la difficoltà che era di ritornare al loro capitano, il che pareva impossibile; e oltre a ciò dandosi a credere che non potesse essere che non trovassero qualche abitazione d'Indiani, donde prendessero da mangiare, seguitarono uno e un altro dí, né meno trovarono luogo abitato né vestigio umano: e allora si tennero per perduti, percioché, se si voltavano indietro non avevano che mangiare, né tutte le forze loro erano bastanti ad andare a contrario d'acqua per forza di remi tre leghe in un dí, per la molta correntia del fiume; né meno per terra era possibile, per esser molta boschereccia e serrata di sterpi e altri inconvenienti assai. La fame era già grandissima e il pericolo della morte si toccava con mano, né potevano campare per altra via che per quella che pensarono: la quale fu, confidandosi nella misericordia di Dio, di seguire a tutto lor potere il fiume all'ingiú, infino al mare di questo nostro polo artico, dove pensavano che quell'acqua mettesse, nella qual cosa non s'ingannarono.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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