E di cosí fatta maniera si distese detta malattia nelle nostre tre navi che a mezzo febraro, di centodieci uomini che eravamo, non ve n'erano dieci sani, di modo che uno non potea soccorrere l'altro: cosa molto orrenda e compassionevole a vedere, considerando il luogo nel qual ci trovavamo, imperoché ogni giorno le genti di quel paese venivano innanzi il nostro forte, dove vedevano poca gente, che, oltre che già ve n'erano otto morti, ve n'erano piú di cinquanta de' quali non si aveva speranza alcuna di vita. Il capitano, vedendo la nostra miseria, e che questa malattia s'era tanto sparsa e accesa, ordinò che tutti si mettessero in devozione con prieghi e orazioni, e fece metter una imagine, ch'è rimembranza della Vergine Maria, sopra un albero distante dal nostro forte circa un tirare d'arco, per mezzo la neve e ghiaccio, facendo a sapere che la domenica seguente quivi si direbbe la messa, e che ognuno che potesse caminare, o sano o amalato, vi dovesse andare in processione cantando li sette salmi di David con letanie, pregando la detta Vergine che li piacesse pregar il suo carissimo Figliuolo che avesse compassione di noi. Finita la messa e celebrata, dinanzi detta imagine fece voto il detto capitano d'andar alla Madonna di Rocquemado, se Iddio li facesse grazia di ritornare in Francia.
In quel giorno morí Filippo Rougemonte, nativo di Ambosia, d'età d'anni ventidue intorno. E perché la malattia c'era incognita, fece il capitano aprir il corpo, per vedere se in qualche modo potessimo aver notizia di quella e preservare il resto della compagnia, se possibil fosse: e fu trovato aver il cuor bianco e putrefatto, circondato tutto di piú d'un boccale d'acqua rossa come dattoli.
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