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      Il fegato era bello, ma il polmone tutto nero e mortificato, e s'era ritirato tutto il sangue sopra del cuore, percioché, quando fu aperto, uscí grande abbondanza di nero e marcio per disopra il cuore; similmente aveva la milza verso la schiena un poco tocca circa duoi deta, come se la fosse stata fregata sopra una pietra rozza, il che veduto, li fu aperta una coscia, la qual di fuori pareva forte nera, ma dentro la carne fu trovata assai bella. Il che fatto, fu sepolto meglio che ne fu possibile. Iddio per la sua grazia vogli perdonar all'anima sua e a tutti gli altri morti.
      E dapoi da un giorno all'altro di tal sorte continuava detta malattia, che tal ora era che fra tutte tre le navi non ve n'erano tre sani, di maniera che non vi si trovava uomo che avesse potuto andar sotto coverta a pigliar del vino per bere, né per sé né per i compagni; e tal ora ve n'erano parecchi di morti, li quali ci convenne per debolezza sepelir sotto la neve, percioché eravamo tanto deboli che non c'era possibile d'aprir allora la terra agghiacciata. Oltre di ciò avevamo grandissima paura che la gente di quel paese non s'accorgesse della nostra debolezza e miseria. E per coprire detta malattia il capitano, qual sempre Iddio ha preservato in piè, usciva fuori incontro di loro quando venivano presso al nostro forte, con duoi o tre uomini sí sani come ammalati, quali faceva uscire dopo di lui; dipoi, quando li vedeva fuora del forte, gridava loro, fingendo di volerli battere e gettandoli bastoni adosso e mandandoli dentro, mostrando con segni a' detti salvatichi che faceva lavorar tutta la sua gente dentro delle navi, parte in calefattar le navi, altri in far pane e altri lavori, e che non era bisogno che venissero fuori: e loro lo credevano.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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