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      Or da Cosmin si va alla città di Pegu col crescente di sei ore in sei ore, e le sei ore che l'acqua calla bisogna ligarsi alla riva e ivi aspettare l'altro crescente. È bellissimo e commodissimo viaggio, trovandosi da una banda e dall'altra del fiume spessissime ville, cosí grosse che le chiamano città, nelle quali per buon mercato si comprano galline, oche, anatre, colombini, ova, latte e risi. Sono tutte pianure e bel paese, e in otto giorni si fa commodamente il viaggio sina a Maccao, distante da Pegu dodeci miglia, e qui si sbarca, e si mandano le robe a Pegu sopra a carette tirate da' buoi; e i mercadanti sono portati in delingi, qual è un panno attaccato ad una stanga, nel qual sta l'uomo disteso con cosini sotto la testa, ed è coperto per difesa dal sole e dalla pioggia, e l'uomo può dormir se n'ha voglia: lo portano quattro fachini correndo, cambiandosi due per volta.
      Il dazio del Pegu col nolo della nave può montare venti, ventiuno, ventidua e sina ventitre per cento, secondo che si è piú e manco rubati, e il giorno che si fa doana bisogna avere l'occhio a penello e star all'erta e aver molti amici, percioché, facendosi doana in una sala grande del re, vi vengono molti signori a vedere, accompagnati da gran numero de' suoi schiavi; né si tengono questi signori a vergogna che i lor schiavi rubano o panno o altro nel mostrar la roba, anzi se ne ridono, e con tutto che i mercadanti si serveno uno con l'altro a far la guardia alle cose loro, non si può tanto guardare che a ciascuno non sia qualche cosa rubato, a chi piú e a chi manco, secondo che ne hanno piú commodità. Ed è nell'istesso giorno un'altra gran pena, percioché, mettiamo che si abbia tanti occhi che si passi senza esser rubati da' schiavi, non si può l'uomo difendere di non esser rubato dagli officiali di doana, percioché, pagandosi il dazio dell'istessa roba, pigliano essi spesse volte tutto della meglio che si abbia, e non per ratta d'ogni sorte come doverebbono, con che si viene a pagar piú del dovere.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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