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      Ma l'orso non si fermò quivi troppo, ma subito partí. Spirava poi greco, e usciti l'istesso giorno di nave verso sera, sendo assai buona aura, andammo all'edificio portando nosco gran parte del pane.
      11 ottobre, sendo l'aere quieto e spirando leggiermente ponente, ma poco piú caldo, mettemmo in terra il vino e il resto della mesa. Ma, mentre eravamo occupati in levar fuori il vino della nave, un orso che stava ascoso dietro un pezzo di ghiaccio, desto forse dal nostro gridare dal sonno, venne alla nave: l'avevamo noi veduto steso, ma lo stimavamo un pezzo di ghiaccio. Or questo a noi venendo, con una archibugiata lo ferimmo, ma, fuggendo egli, noi seguimmo il nostro lavoro.
      12 detto, spirando tramontana e qualche volta saltando da ponente, mezi de' nostri andarono nell'edificio e quivi passarono la prima notte, ma patirono un gran freddo, percioché non erano ancor fatte le lettiere né avevano molta copia di schiavine, e poi anco perché non potevano accender il fuoco per non esser fatto ancora il camino, per rispetto del gran fumo.
      13 dell'istesso, spirando di nuovo fieramente tramontana e maestro, andammo tre alla nave e caricammo il carro matto d'una botte di cervosa, la qual mentre desideravamo di tirare alla casa, si levò improviso cosí orribil vento con tempesta e ghiaccio che, non potendo star fuori, ci fu forza di nuovo ritornar in nave e lasciar la cervosa di fuori sopra il carro: e nella nave patimmo gran freddo per penuria di coperte.
      14 detto, usciti di nave, trovammo il vascello della cervosa (la qual era dantiscana) lasciata fuori sul carro esser creppato nel fondo per il rigor del freddo, e la cervosa che era uscita congelata e talmente attaccata al fondo del vascello, come se fusse attaccata con visco.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486