Per quei tre giorni che fummo serrati in casa mettemmo in piè un orologio da sabbia di dodeci ore, il quale come era uscito subito lo voltavamo, osservandolo con grandissima diligenza, per non errar nell'osservar del tempo, percioché tanto grande era il rigore che anco l'orologio si agghiacciava, né poteva caminare, benché gli aggiungessemo doppio peso.
4 detto fu sereno, e cominciammo per ordine e scambievolmente a parar via la neve che impediva la porta, perché, vedendo che ci bisognava tornar tante volte a ciò fare, non era dovere che parte soli ciò facessero; ma furono esenti anco da ciò il nocchiero e il governatore.
5 dell'istesso fu similmente sereno, onde attendemmo a nettar le trappolle.
6 decembre di nuovo fu aere crudo e un freddo che quasi non si poteva tollerare, sí che si guardavamo con pietà l'un l'altro, temendo che se continuava cosí il freddo crescendo avessimo di quello a morire, perché, se bene facevamo un gran fuoco, non si potevamo però scaldare. Anzi il vino di Spagna piú grande che sia, che è tanto caldo, fu del tutto gelato, sí che bisognava dileguarlo al fuoco dopo mezzogiorno per darne ad ognuno la sua porzione, la quale si distribuiva ogni due giorni d'una picciola misura circa un quarto, della quale convenivamo sostentarci tanto tempo e poi d'acqua, la quale in cosí acuto freddo non era troppo a proposito: né bisognava rifrescarla con neve o ghiaccio, ma con la neve liquefarla.
7 dell'istesso, perseverando quell'aere crudele, e levatosi un nembo da greco che portò un orribilissimo freddo, non sapevamo che ingegnarsi di fare per conservarci da quello; e consigliandoci insieme che cosa in somma si dovesse fare, uno de' nostri disse che in questa estrema necessità prendessimo quei carboni che di nave avevamo portati in casa, e di quelli facessimo fuoco, perché danno calor grandissimo e durabile.
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