La sera dunque facemmo un buon fuoco di quelli carboni, il qual certo fece un gran calore, ma non ci avevamo rimediato ad una gran disgrazia, perché, sentendo noi che quel calore cosí ci ristorava, ci andammo imaginando come lo potevamo ritener lungo tempo, onde trovammo di chiuder tutte le porte e il camino per conservarlo: e se n'andamo tutti ne' nostri letti, allegri per aver ricuperato il calore, e ragionammo lungamente insieme. Alla fine ci venne una gran vertigine, ma piú all'uno che all'altro, la qual prima scoprimo in uno ch'era ammalato e perciò sentiva maggior offesa, e poi in noi sentivamo una grande ansietà, sí che quelli che erano piú gagliardi saltando giú del letto aprirono prima il camino, dipoi la porta; ma quello che aprí la porta, sendo isvenuto, cadé con gran strepito sopra la neve, il che udendo io, che aveva il letto piú vicino alla porta, corsi là e, trovatolo che gli era venuto fastidio, subito gli portai dell'aceto e gli sparsi la faccia, sí che rivenne. Aperte le porte, tutti da quel freddo fummo risuscitati, e quello che era stato cosí crudel nemico avanti, allora ci apportò la salute, perché senza dubbio morivamo tutti d'agonia. Dipoi il nochiero, come fummo rivenuti, ci diede ad ognuno un poco di vino per confortar il cuore.
8 decembre, durando quel rigido aere, benché spirasse una crudel tramontana e fredda, nondimeno non osavamo accender piú carboni, percioché la disgrazia occorsa ci aveva resi accorti, per fuggir un male in uno peggiore.
9 detto fu un lieto e sereno giorno, lucendo molto le stelle; onde aprimmo a fatto la porta, che era molto calcata di neve, e di nuovo apparecchiammo le trappolle per le volpi.
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