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      10 luglio, molto ci affaticammo dall'ora che 'l sole era in greco levante fino che arrivò in levante a penetrar per il ghiaccio, il qual rotto demmo a' remi fin che di nuovo ritornammo tra due gran pianure di ghiaccio, le quali tra sé congiunte ci serrarono la strada, sí che bisognò tirar lo schiffo e il battello sul ghiaccio, cavato prima quello che vi era dentro, e poi mandarlo giú nell'altra acqua dall'altro lato aperta per distanzia di cento passi, e poi portar là le robbe: il che ci fu molto difficile, ma era necessario, e ci bisognava persuadere da per noi di non esser stanchi. Come fummo in acqua, con grandissima forza spingemmo le barche co' remi, e non molto dopo di nuovo arrivando tra due gran pianure di ghiaccio corrente, che presto presto dovevano congiungersi, con l'aiuto di Dio e per la nostra diligente vogata ne uscimmo prima che si unissero. Passato quel ghiaccio, trovammo un gagliardo ponente quasi a noi del tutto contrario, sí che ci fu forza con ogni nostro potere di spinger con i remi le barche verso il ghiaccio fermo, che era contiguo al continente, al quale con gran pericolo arrivammo. Là arrivati, pensammo di andare ancora piú oltra, vogando lungo il ghiaccio verso un'isola che vedevamo, ma per il vento a noi contrario non si poté. Perciò di nuovo ci bisognò tirar le barche con quello che vi era dentro sopra il ghiaccio, e aspettar quella riuscita che fusse piaciuto a Dio di concederci; nientedimeno ci cadeva l'animo, dando tante volte nel ghiaccio temendo per sí frequenti e lunghe fatiche che convenivamo sopportare di dover del tutto perder le forze, e cosí restar inutili a seguire il viaggio.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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