11 detto, con permissione del presidente del granduca tirammo il nostro battello e la scaffa nelle case de' mercanti, e quivi gli lasciammo quasi come trofei in memoria di cosí lunga né mai piú navigata via, che con sí picciole e scoperte barchette avevamo avuto ardir di fare quasi per quattrocento miglia in mare e lungo i suoi liti fino a Cola: il che gli abitanti di quella non potevano a bastanza maravigliarsi.
15 settembre noi tutti, con le robbe che avevamo, con una nave russiana si conducemmo a seconda del fiume alla nave di Giano di Cornelio, la quale era lontana di là circa un miglio; sul mezogiorno poi facemmo vela con essa nave fino quasi a meza strada, fin che passassimo tutte le difficultà, ove aspettammo Giano di Cornelio insieme col nostro nocchiero, il quale ci avesse detto di seguirci il giorno dietro.
17 detto, presso sera, vennero Giano di Cornelio e il nostro nocchiero, e il giorno seguente, sendo il sole circa il levante, facemmo vela con l'aiuto di Dio nel fiume di Cola verso casa. Usciti del fiume, veleggiammo lungo la riviera con vento da garbino verso 4° di maestro tramontana.
19 circa il mezzogiorno arrivammo all'incontro di Waerhuysen, ove gettamo l'ancora, e descendemmo nel continente, percioché Giano di Cornelio voleva levar nella nave diverse merce: e quivi si fermamo fino alli 6 d'ottobre, nel qual tempo fecero di grandissimi venti da tramontana e da maestro. Intanto, mentre quivi stammo, ci ricuperammo assai piú, e con maggior cura e governo ci liberammo dalle nostre infirmità e ci facemmo piú gagliardi, percioché in vero avevamo bisogno di tempo e di riposo, percioché eravamo troppo anichilati ed esausti.
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