Era quelli uno spirito malinconico e feroce, che credendo di potere andare più facilmente in Paradiso se uccideva il suo Monarca, che egli non giudicava sinceramente riconciliato con Dio fino a che non era assoluto dal Papa, si accinse a trovare i mezzi di mettere in esecuzione il suo perverso disegno. Essendosi però confidato con più e diverse persone, e fra queste con Fra Serafino Banchi Domenicano Fiorentino stazionato di Convento a Parigi, il suddetto andò a rivelare al Re la cospirazione, contro la quale furono prese tali misure, che non ebbe veruno effetto, e l'autore della medesima fu nel dì 26. impiccato a Melun per sentenza del Parlamento. Giunta la notizia del fatto alla Romana Inquisizione, citò quella il Frate a comparire avanti a lei, come reo di aver salvata la vita a un Re non per anche riconosciuto Cattolico dalla Santa Sede, pretendendo che rilevato avesse il sigillo della Confessione. Spediti furono al Priore dei Domenicani suddetti i mandati di cattura per farlo trasportare cinto di catene in Avignone, e di là in Italia, e certo sarebbe rimasto quel religioso vittima della vendetta de nemici di Enrico, se S.M. non l'avesse animosamente sottratto di mano a suoi persecutori, e fattolo pervenire sicuro a Firenze sotto la protezione del surriferito Granduca suo Principe naturale, che vi impiegò tutta la sua fermezza ed autorità perchè non gli fosse insidiata la libertà e la vita, essendochè il S. Ufizio lo volea a forza nelle mani o vivo o morto. Riconciliato solennemente il Re Cristianissimo col Papa, una delle segrete condizioni del trattato fu quella di lasciar vivere tranquillamente il Padre Bianchi.
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