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      amava, fondatosi sugl' inventati deposti fatti scrivere al suo Cancelliere, ma non mai proferiti per verità da supposti querelanti, per impedire all'anima dell'inquisito gli spirituali aiuti, come erano stati tolti gli umani al di lui corpo.
      In questo tanto deplorabile stato pregò il moribondo, che gli fosse levato dalla ferrata della prigione il riparo di legno, che tutt'ora vi era, perchè potendo rinnovarsi l'aria, e introdursi in maggior copia la luce, sentisse egli nelle sue estreme miserie un qualche sollievo, ma gli fu negato anche questo piccolo conforto; non cessando per anche il largo getto del sangue, benchè procurato di fermare da' medici con due emissioni, e perdendo ogni speranza di poter' sopravivere, si determinò di fare il suo Testamento, per rogarsi il quale gli fu accordato il Dottore Archi suo Difensore.
      Quantunque i Padri del S. Ufizio in così estremo pericolo del carcerato non si degnassero di darne il minimo avviso al di lui fratello, benchè comodamente lo potessero fare, portandosi esso regolarmente due volte il giorno al loro Tribunale per sentire se occorreva cosa veruna, ebbe per altra strada la notizia della gravissima malattia sopraggiunta all'inquisito, e fatta istanza all'Inquisitore di poterlo visitare, gli fu pure negata costantemente la richiesta grazia, con dirgli che suo fratello stava bene, ne per quante preghiere sapesse mettere in opera potè ottenere d'essere ammesso a vedere il suo disgraziato fratello prima che morisse. Irritato perciò da si aspre repulse prese il partito di ricorrere a Monsignore Nunzio Archinto, al quale esposta la pericolosa malattia di suo fratello ottenne tosto la permissione negata dal Padre Inquisitore e un domestico del Prelato ebbe la commissione di portare questo suo ordine al S. Ufizio, e nell'istesso tempo d'informarsi dello stato dell'Inquisito.


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Fatti attinenti all'Inquisizione e sua istoria generale e particolare di Toscana
di Modesto Rastrelli
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