Vi descrisse la terra, il mare, il cieloE il sole infaticabile...
ma anche nel mondo Omerico, Itaca è lontana e l’Italia appare, come la Libia, circonfusa di favole; ivi i Ciclopi, le Sirene, Circe, Scilla, Cariddi, tutto un mondo fantastico di mostri favolosi, di perfidi incanti e di minaccievoli abissi; quivi i Lotofagi, i pigmei, ed Atlante, che regge sulle ampie e poderose sue spalle la vôlta del cielo.
Il bacino del Mediterraneo, focolare della più alta coltura dell’antichità, fu naturalmente anche il centro intorno al quale si svilupparono le esplorazioni più importanti per la geografia degli antichi. Meraviglioso popolo i Fenicî, viventi su breve terra, come Venezia e l’Inghilterra, e pur dispersi in tutte le isole e su tutte le coste del Mediterraneo, anzi neppure arrestati dai favoleggiati terrori dall’aperto Oceano oltre i segni di Ercole. Era forse arte della loro politica seminare lungo i consueti itinerarii marittimi favole di mostri e leggende di nuovi terrori e propalare errori, i quali trattenessero o fuorviassero la concorrenza, come usarono di poi i nostri viaggiatori mercanti dei tempi di mezzo, fra i quali avremmo potuto trovare in gran numero i Polo. Eppure i Fenicî precedettero nell’Eusino gli Argonauti, superarono le Sirti insidiose, tennero il monopolio dello stagno e dell’ambra nei mari del Nord, raggiunsero l’ultima Thule, creduto per tanto tempo di poi il segno estremo delle umane conquiste, e girarono, forse, ma ad ogni modo indarno, l’Africa intera.
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