La cuspide australe è pressochè tutta conosciuta e vi sono scritti non solo i nomi di Ellis, Moffat, Johnston, Mohr, Pogge, Wissman e d’altri esploratori, ma Stati e colonie, come l’Orange ed il Transvaal, il Capo e Natal, principio forse d’un futuro impero anglo-africano. Missionarî, commercianti, scienziati, venturieri di quasi tutte le nazioni, contribuirono a questi rapidi progressi, e riuscirono da ultimo a fondare anche stazioni civili, nel nome della civile fraternità europea, ma più spesso recando anche d’Europa le piccinerie gelose e le profonde antipatie.
Dopo l’Africa, i poli, e più il boreale, sedussero nel secolo nostro il maggior numero d’imprese, auspice specialmente la Gran Bretagna, cui furono quasi scuola a tre generazioni di marinai. Sotto la guida di capitani come Ross, Parry, Franklin, Nares, aprirono l’accesso dei golfi e delle terre artiche, rivelando tutto un confuso mondo insulare. Le Spitzberghe e la Nuova Zembla vennero minutamente studiate, e fa una nobile gara a chi sarebbesi più avvicinato al polo per le vie diverse che pare si aprano verso di esso. I Russi e gli Americani, muovendo oltre lo stretto di Behring, fino alle isole di Wrangel, e alla terra di Bennett non riuscivano a toccar l’ottantesimo grado; i Tedeschi e gli Austriaci, scoprivano oltre questo la terra di Francesco Giuseppe, intravedendo quelle di Re Oscar e di Petermann, mentre Parry fin dal 1827 raggiungeva quasi l’83°; lunghesso gli stretti di Smith, di Kane, di Kennedy e di Robeson, inglesi ed americani, riuscivano a scoprire il più vasto gruppo di terre, e Markham spingevasi a meno di sette gradi dal polo.
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