E ne trae nuovi documenti la teorica della discendenza, perchè tra noi e quegli avanzi ultimi di chi sa quali naufragi etnici corre, forse, ben maggior distanza, di quella che intercede fra essi e le scimmie colle quali alcune tribù, nel centro d’Africa, menano vita comune, annidati sui rami delle smisurate adansonie, rintanati dentro la terra, o appollaiati nelle palafitte, onde le formiche rosse insegnarono loro l’architettura. Così, in luogo degli idillii pastorali, in luogo dei vecchi bianchi che parlano alla tribù rispettosa il linguaggio della ragione, dei miti affetti domestici e delle delicate virtù, troviamo la tirannide degli istinti più animaleschi, la brutalità delle passioni, la lotta selvaggia, sino all’antropofagia, gli eccidî più capricciosi, la tratta e la schiavitù, e si spiega anche qualmente gli esecutori del contratto sociale, gli scolari di Rousseau e di Proudhon, per tornare alla natura, trovino necessario distruggere le più stupende creazioni del genio, statue, quadri, libri, palazzi, monumenti, maledicendo la civiltà, bestemmiando la patria.
Così, quanto alla vita economica la geografia ci mostra da un lato popoli i quali ignorano i beneficî della moneta, sì che seguono fra loro commerci appena degni del nome, in natura, e pare segnalato progresso ridurre tutti i valori a misura di conterie, di cauris, di bastoncini di sale, se anche hanno quasi sotto mano, nelle viscere delle montagne o nelle acque dei fiumi, i metalli più nobili; povere popolazioni, che muoiono di fame se vien meno il raccolto, di gozzoviglie se abbonda, schiavi sommessi sempre ad una natura paurosamente gigante, che agisce sulle povere intelligenze coi più strani terrori, sulle membra affralite coi miasmi più terribili.
| |
Africa Rousseau Proudhon
|