Lo si ignora, ed appena qualche raggio di luce penetra qua e là in cotesta tenebra. Ed è grave che l’ignoranza non è l’unica causa dei nostri errori; gli antagonismi delle passioni, gli odî istintivi di razza a razza e di popolo a popolo ci trascinano sovente a vedere gli umani diversi da quello che sono. Gli stessi nostri vicini, rivali in civiltà, ci appaiono sotto lineamenti abbrutiti e deformi. Per vederli nel loro vero aspetto è necessario sbarazzarsi anzitutto dai pregiudizî e di tutti i sentimenti di disprezzo, di odio, di furore, che dividono ancora i popoli. L’opera più difficile, lasciò detto la saggezza dei nostri antichi, è di conoscere se medesimi; quanto più difficile non è la scienza dell’uomo, studiata a un tempo in tutte le sue razze!
Sarebbe dunque impossibile adesso presentare una descrizione completa della Terra e degli Uomini, una geografia veramente universale. È un’opera riservata alla collaborazione futura degli osservatori i quali da tutti i punti del pianeta, si associeranno per redigere il grande libro delle cognizioni umane. Il lavoratore isolato non può ai nostri giorni che tentare un breve quadro, cercando di osservare fedelmente le regole della prospettiva, cioè di dare alle diverse contrade piani altrettanto vicini, quanto più è considerevole la loro importanza e quanto più sono intimamente conosciuti.
Naturalmente ciascun popolo dev’essere tentato di credere che in una descrizione della Terra il primo posto appartenga al suo paese. La più piccola tribù barbara, il più sottile gruppo di uomini ancora nello stato di natura crede di occupare il centro vero dell’universo, crede di essere il rappresentante più perfetto della razza umana.
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