Le acque correnti danno dovunque alla natura il moto e la vita. Nessuno di quei deserti, di quelle vaste pianure aride e nude, di quei bacini chiusi, che si scorgono nei continenti d’Africa e d’Asia; in nessuna parte i fiumi si cambiano in diluvi d’acqua, come quelli che coprono una gran parte dell’America meridionale. L’Europa presenta nel regime dei suoi fiumi una cotale moderazione, che doveva favorire lo stabilimento dei coloni e determinare in ogni bacino la nascita di una particolare civiltà. D’altronde la maggior parte di questi fiumi potevano ritardare, ma non arrestare lungamente le migrazioni dei popoli. Già prima che l’industria umana si fosse appropriata il suolo d’Europa con un’ammirabile rete di strade e di ponti, era facile ai barbari immigranti recarsi dalle rive del mar Nero a quelle dell’Atlantico.
L’Europa, dopo i progressi della navigazione, ha potuto aggiungere i grandi vantaggi che le derivano dai suoi litorali molto frastagliati, ai privilegi che le diedero sulle altre parti del mondo la struttura delle sue montagne e la disposizione dei suoi bacini fluviali. L’Europa deve principalmente alla configurazione dei suoi litorali quel doppio carattere di unità nella diversità, per cui va distinta fra i continenti. Essa è per siffatto modo organizzata, che parrebbe quasi un gran corpo provveduto di membra. Strabone paragonava l’Europa ad un dragone; ed i geografi del Rinascimento amavano figurarla come una Vergine incoronata, di cui la Spagna era la testa, la Francia il cuore, l’Inghilterra e l’Italia formavano le mani tenenti lo scettro ed il globo, la Russia, ancora male conosciuta e confusa colle regioni inesplorate dell’Asia, figurava le vaste pieghe dello strascico lungo.
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