La loro forma primitiva sfugge all’occhio del geologo, pei cambiamenti d’ogni genere, a cui le hanno fatte soggiacere, nel succedersi delle età, le pressioni laterali, le oscillazioni del suolo, le valanghe, le frane, le erosioni; nondimeno è tuttora facile riconoscere che i monti della Svizzera costituiscono, nel loro complesso, un sistema di aggruppamenti che s’irradiano attorno a un gruppo o nodo centrale.
Questo gruppo di monti che fa, per così dire, da chiave di volta a tutti gli altri, è il nodo del San Gottardo: ivi, come nel mezzo d’una stoffa spiegazzata, vanno a riunirsi le pieghe convergenti della superficie increspata della Svizzera, le Alpi del Ticino, il gruppo del Sempione, l’Oberland bernese, il Titlis, il Tödi, le montagne dei Grigioni. Fin dalla metà del secolo scorso si immaginava che le cime del Gottardo fossero le più alte della Svizzera e dell’Europa; anzi, nel 1755, il colonello Micheli du Crêt, che confondeva questo gruppo con quello del Titlis,(4) ne valutava l’altezza metri 5,500; pareva necessario che montagne, dalle quali scaturisce tanta copia d’acqua, avessero un’altezza proporzionata alla loro importanza idrografica: insomma si faceva di esse come il «comignolo» dell’Europa, analogo a quel «tetto del mondo» che sorge nel centro del continente dell’Asia. Lo studio del rilievo terrestre ha mostrato a sufficienza che l’elevatezza delle sorgenti e la potenza dei fiumi non sono fenomeni geografici in rapporto diretto fra loro; dobbiamo ammettere però, con non minore certezza, che il nodo del San Gottardo era una volta molto più alto.
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