Ci volle la terribile scossa della Rivoluzione francese per cambiare questo stato di cose e far entrare gli Svizzeri nella via dell’eguaglianza civile e politica. La ripartizione dei culti nella Svizzera è una prova evidente della violenza tirannica esercitata un tempo da ogni piccolo Stato: i riti religiosi, come il cerimoniale delle feste, tutto era imposto, tutto regolato rigidamente. Secondo l’esito delle lotte impegnate dopo la Riforma, tutti gli abitanti d’uno stesso circolo politico erano obbligati a professare lo stesso culto, qualunque fosse del resto la loro fede nascosta; di qui il bizzarro intreccio delle religioni, indipendente dalle lingue e dai versanti, ma divenuto sempre più indistinto a causa della tolleranza religiosa, del viavai degli Svizzeri nei diversi cantoni o dell’immigrazione degli stranieri. Agli antichi s’è aggiunto negli ultimi anni un nuovo culto, quello dei «vecchi cattolici», raggruppati la maggior parte nei cantoni di Soletta, di Berna, d’Argovia.
Alcuni piccoli cantoni, Glarona, Uri, i due Appenzell e i due Unterwalden, hanno conservato le loro antiche assemblee popolari, in cui tutti i cittadini deliberano in comune. All’origine della confederazione queste riunioni avevano ben altra importanza, in esse, senza alcun dubbio, si prendevano tutte le grandi risoluzioni nazionali: una di queste landsgemeinden è mentovata fin dalla fine del secolo tredicesimo. Le assemblee (landsgemeinde) di Schwitz e di Zug sono state abolite, la prima in seguito all' invasione francese, nel 1798, la seconda dopo gli affari del Sonderbund.
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