La guerra civile che ne seguì fu l’ultimo tentativo del cantonalismo, forte del diritto storico, contro il federalismo che aveva per sè la necessità. Ne uscì quello che i patriotti andavano da lungo tempo invocando, lo Stato federale, una Svizzera nuova, diversa da quella delle antiche alleanze, quanto dalla effimera repubblica unitaria che neppure la forza avea potuto mantenere.
Il patto del 1848 teneva conto dei requisiti essenziali dello Stato federale. Accanto ai 44 deputati cantonali, che formavano il Consiglio degli Stati, era il Consiglio nazionale formato di un deputato per ogni 20,000 abitanti o frazione non inferiore alla metà. Un potere esecutivo di sette consiglieri federali veniva sostituito al-l’unica magistratura del Direttorio alternativo dei tre Cantoni e del Landamanno. Un tribunale di undici giudici, eletto, come il Consiglio federale, dalle due Camere, completava le istituzioni federali. Il nuovo patto guarentiva insieme i diritti del popolo e le sue libertà nei limiti dell’ordine pubblico. Così alle antiche gelosie cantonali e locali, religiose, economiche, di individui, di razze, sottentrò un più largo e vigoroso sentimento di patria. Fra le diverse istituzioni politiche si manifestò una unità reale e completa tanto più forte, che quelle forme si piegano a tutte le varietà di caratteri, di abitudini, di condizioni generali e locali.
La costituzione si mostrò provvida ed utile nei rapporti inter-nazionali, ma non tardò a mostrarsi insufficiente nei rapporti nazionali, sì che i radicali prima, poi anche altri partiti ne invocarono la revisione.
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