Il letto del fiume, ramificato all’infinito, s’avvolge in meandri intricati, gli uni navigabili, gli altri ostruiti da banchi di sabbia e trasformantisi in paludi. Antichi bracci del Danubio, abbandonati in mezzo alle campagne delle rive, non sono più che stagni semicircolari, orlati di canneti, in cui si posano a stormi le anitre, le grù, le oche selvatiche, e soprattutto i gabbiani. In quei bassifondi, difficili a conquistarsi dall’uomo, par d’essere nelle età preistoriche; in certi punti, la terra e l’acqua formano un caos che il lavoro dell’uomo non ha tentato di far sparire; gli animali selvatici vi si trovano ancora nell’ambiente loro confacente; gli stessi castori, che non si vedono più nelle altre parti della Germania, vivono sempre in gran numero sulle rive dei meandri del Danubio. Tuttavia la cultura e la bonifica del suolo fanno continui progressi nella valle fluviale; numerosi bracci morti furono trasformati in praterie; le rive furono chiuse fra dighe e strade, ed a poco a poco la correzione del fiume si compie e dà alla natura un genere di bellezza più tranquilla, e non meno attraente di quella primitiva, selvaggia e pittoresca. Le campagne di questa pianura alluvionale, a nord quelle di Krems e di Stockerau, a sud quelle di Tulln, sono d’una fertilità straordinaria. Il Mannhardtsberg, ultimo promontorio dell’altipiano moravo, si mostra in lontananza tanto più bello in quanto contrasta colle campagne meglio coltivate; ma le Alpi seguitano a spingere verso nord i loro lunghi dorsi coperti di boschi, e ben presto sorge la catena del Wienerwald, che termina col Kahlengebirge e ricompare a nord sotto il nome di Bisamberg, costringendo il Danubio a piegare e rimpicciolendo la pianura.
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