Gli Slavi dell’interno si dividono poi in numerose tribù che parlano differenti dialetti, i quali hanno relazione gli uni collo sloveno della Carniola, gli altri col croato, col bosniaco, e coi dialetti illirici. Per l’addietro, quando il sentimento nazionale non si era ancora risvegliato nel paese Jugo-Slavo, l’attrazione esercitata sugli abitanti degli altipiani dalle popolazioni civilizzate del litorale italiano prevaleva di molto; la parola civiltà era diventata sinonimo d’italianità in tutto il versante orientale dell’Adriatico, tranne Ragusa. Ma ciò non avviene più fuor dei dintorni di Trieste e delle altre città dell’Istria. Altri centri d’attrazione si sono formati; per una specie di riflusso il movimento si è rivolto verso l’Oriente, e non ostante le diversità che passano fra le popolazioni del Carso, della Dalmazia e degli arcipelaghi vanno imparando in modo più o meno cosciente che appartengono alla grande razza slava. Gli Istrioti degli altipiani e i Dalmati del litorale e delle montagne per ragion di razza sono i fratelli dei Bosniaci, dei Serbi ed anche dei Russi; sono loro parenti pel linguaggio, però dove il fanatismo è più ardente, il culto li rende del tutto divisi e persino nemici degli ortodossi greci, giacchè, per la vicinanza dell’Italia, gli slavi del litorale professano quasi tutti la religione cattolica romana.
Fra le popolazioni slave ve ne sono di quelle che conservano ancora costumi barbari i quali ricordano quelli degli antichi Uscocchi o fuggiaschi serbi, che gli Ottomani avevano costretti ad abbandonare le loro valli della Bosnia e che, prima di mutarsi in pacifici agricoltori, si acquistarono una terribile riputazione di pirati e di predatori.
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