Nel loro nome si volle vedere quello dei Vlaques o Valacchi del mare; ma è probabile che questa denominazione significhi Marinai o gente del mare, per la loro posizione geografica, relativamente agli altri Slavi. I Morlacchi, nonostante siano miserabili la maggior parte, ed avviliscano le loro donne a servire da bestie da soma, hanno nondimeno la vanità della ricchezza, non nelle loro case, ma nelle loro vestimenta: amano vestirsi di pittoreschi e sontuosi costumi simili a quelli dei Serbi e l’acconciatura femminile è sempre composta di un elmetto adorno di monete d’oro e d’argento. «Chi cangia vestito può cangiare d’animo,» dice un loro proverbio. I Morlacchi conservono sempre intatto il vecchio tesoro delle loro superstizioni; bisogna recarsi fra di loro per conoscere le virtù magiche delle piante e degli animali, i buoni ed i cattivi influssi che emanano dalla foresta, dalla montagna, dalla fonte, il significato misterioso di un batter d’ali, di un’eco lontana, d’un alito che passa. Bisogna pure chieder loro i vecchi canti popolari dimenticati dai vicini; dotati di un grande talento naturale per la musica, cantano i loro piesma con una voce grave e triste che commuove.
Le popolazioni morlacche sono fra le più belle d’Europa, i fanciulli che sfuggono alle malattie e alla miseria si distinguono pel loro vigore e per l’alta statura. Nel secolo scorso, quando il padre del gran Federico faceva comprare o meglio rubare, uomini aitanti in tutta l’Europa per reclutare la sua guardia, teneva molto a procurarsi dei Morlacchi; ma questi, amanti della loro libertà, non si lasciavano prendere che in piccolo numero.
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