La Dalmazia, nonostante tutte le sue ricchezze naturali e la sua eccellente posizione geografica, è ben lungi dall’avere in Europa l’importanza relativa che dovrebbe competerle. Quel paese è molto decaduto dopo l’epoca romana. L’Illiria era allora molto più popolata e industriosa d’adesso; le grandi città erano assai numerose; le pianure, dove sono adesso paludi, erano coltivate; le montagne oggi deserte erano attivamente lavorate dai tagliapietra e dai minatori. Nel medio evo la Dalmazia ebbe essa pure il suo periodo di grande prosperità. Ragusa, la Dubrovnik Slava, era, come Venezia e Genova, una delle regioni del mare; aveva frequenti relazioni con tutti gli scali del Mediterraneo, spediva direttamente le sue merci fino alle Indie e trattava da pari a pari cogli Stati più potenti. Ragusa, pel suo amore delle lettere e delle scienze, come per la sua vita politica e pel suo gran movimento commerciale, era un centro di civiltà per le tribù slave dell’interno. Ora le cose hanno cangiato. Rovinata da Carlo V, che le impose il prestito di trecento navi, poi distrutta nel 1667 da un terremoto, occupata dai Francesi alla fine del secolo scorso, indi passata di padrone in padrone, Ragusa non ha potuto rialzarsi da tanti disastri, ed ora non è più che un piccolo porto di terz’ordine, mentre Trieste, sua fortunata rivale, è diventata uno dei grandi mercati del Mediterraneo.
Come Ragusa, la Dalmazia intera ha dovuto subire un periodo di decadenza, ed ora, quanto a civiltà, è molto addietro, non solo rispetto ai paesi dell’Italia che le stanno di fronte dall’altro lato dell’Adriatico, ma altresì, sotto molti rapporti, rispetto alla Croazia e alla Serbia indipendente.
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