I musulmani e i cristiani bosniaci sono nemici fra loro, e fra i cristiani stessi, i greci governati dai loro popi ed i cattolici romani, che obbediscono ai preti francescani, si detestano reciprocamente. Essendo così divisi, erano forzatamente soggetti e l’abiezione della loro servitù li rendeva peggiori dei loro oppressori.
I musulmani della Bosnia che si denominano essi medesimi Turchi, respinti come rozzi nelle altre parti della penisola dagli Osmanli, non sono meno Slavi dei Bosniaci delle due confessioni cristiane, e non parlano del pari che il serbo, benchè un gran numero di parole turche si sia introdotto nel loro idioma. Sono i discendenti dei signori che si convertirono alla fine del secolo decimoquinto, e specialmente al principio del decimosesto per conservare i loro previlegi feudali. Fra i loro antenati i Turchi della Bosnia contano pure un certo numero di celebri briganti, che si affrettarono a cambiare religione per continuare senza pericolo il loro mestiere; infine i servitori immediati dei capi si dovettero convertire per forza. L’apostasia diede ai signori maggior potere sul loro infelice popolo se non avessero avuto sino allora; l’odio di casta aggiungendosi all’odio di religione, sorpassarono ben presto il fanatismo degli altri maomettani e ridussero i paesani cristiani ad una vera schiavitù. Si addita ancora presso ad una porta di Sarajevo il pero selvatico al quale le notabilità del paese si procuravano il piacere di tanto in tanto di fare appiccare qualche sventurato rajà. Gli assassinii erano così frequenti, che quando non si trovava più un uomo nella sua capanna, si limitavano a dire che «la notte lo ha divorato.
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