Sono franchi o ospitali, valorosi in battaglia, lavoratori, economi, portati alla poesia, fedeli nelle loro amicizie e costanti in amore; la vita coniugale è da loro rispettata, ed anzi i Bosniaci musulmani respingono la poligamia che è loro permessa dal Corano; quelli dell’Erzegovina neppure tengono lor donne rinchiuse: le giovani portano il volto scoperto, e nei numerosi villaggi tutte le case hanno una porta di dietro affinchè le donne possano frequentare le vicine senza passare nella strada; nella Bosnia settentrionale; però le musulmane sono talmente avviluppate nei loro bianchi lini che rassomigliano a fantasmi, ed hanno gli occhi mezzo velati in modo che non vedono a quattro passi di distanza. Nonostante le buone qualità, quale barbarie, quanta ignoranza, quale superstizione e quale fanatismo sussistono tanto fra i cristiani come fra i maomettani! Le guerre incessanti, la tirannia da un lato e la servitù dall’altro, hanno abbrutito i loro costumi; le foreste e le rocce delle loro montagne li hanno isolati da ogni influenza civile. Non hanno quasi più scuole, e ne fanno le veci i conventi sparsi qua e là: ma che cosa possono imparare i fanciulli da monaci, che nulla sanno essi stessi se non cantare inni? Alle porte della città di Sarajevo vi è una grotta che il volgo crede sia un rifugio di ninfe! Il raki o slivovitz, del quale i Bosniaci fanno un consumo enorme, ha contribuito a mantenerli nel loro stato d’abbrutimento: si è calcolato che gli abitanti della Bosnia, comprese le donne ed i fanciulli, bevono in media ciascuno centotrenta litri d’acquavite di pruno ogni anno!
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