Più all’ovest nella Croazia propriamente detta, gli elementi stranieri sono ancora meno numerosi. Serbi-Croati, Croati puri, poi Croati-Sloveni e Sloveni si toccano e si mescolano grado a grado fino alle regioni tedesche d’oltre Drava e alla zona etnologica italiana delle rive dell’Isonzo. In tutta questa parte della Slavia del sud, all’infuori di piccoli arcipelaghi, v’è una sola isola considerevole popolata da stranieri. Essa è abitata da circa ventiquattro mila contadini tedeschi, i quali vivono nel borgo di Gottschee ed in alcune borgate circostanti, sulle rive del fiume Rünse che appare ad un tratto per perdersi immediatamente in una cavità dell’altipiano. Vincolati strettamente gli uni agli altri, i Gottsciani emigrano a frotte e vivono in comune nelle grandi città della Germania e persino all’estero; il loro mestiere principale consiste nel vendere frutta del Mezzogiorno, secondo Zeus,(158) gli abitanti di Gottschee sarebbero gli avanzi degli antichi Vandali tedeschi che abitavano la Pannonia nel secolo sesto.
      La causa principale delle discordie che si agitano nel seno delle popolazioni slave dell’Austria-Ungheria deriva dalla diversità della religione. Gli Sloveni, i quali all’epoca della Riforma si erano convertiti al protestantesimo, quando avvenne la contro-riforma hanno dovuto rientrare nella Chiesa romana, che non era stata abbandonata dagli Slavi illirici. I Croati però sono rimasti divisi: i più vicini alle Alpi ed al mare sono cattolici, mentre la maggior parte degli Slavoni, dei Sirmiani, dei Serbi si sono conservati greci ortodossi e mantengono l’antico alfabeto cirillico, dal quale è derivato l’alfabeto russo.