Oggigiorno si adoperano attivamente a piantare alberi nelle vicinanze dei villaggi, lunghesso le strade e i campi e si modifica così a poco a poco l’aspetto generale del paese. Restano però ancora, principalmente nel centro dell’Alföld, vasti territori i quali per avere il suolo un po’ salino o saturo di soda non si prestano punto alla coltivazione e servono al pascolo. I pascoli, le campagne senza alberi ed i terreni coltivati lungi dai villaggi e sparsi solamente di tanye, o piccole masserie, sono la libera puszta cantata dai poeti magiari, e tanto amata dai pastori che camminano nella solitudine come fossero i padroni dello spazio: ivi Petöfi in un inno celeberrimo si augurava di cadere pugnando per la «santa libertà del mondo,» mentre doveva sparire sopra un campo di battaglia, dove non si è potuto mai ritrovarne il corpo. In molte puszte la superficie erbosa si estende a perdita d’occhio. I vasti pantani di fango nerastro, i solchi delle ruote serpeggianti nella prateria, le zolle calpestate dalle zampe degli animali, indicano, non la strada giacchè non ne esiste nella puszta, ma il luogo dove per solito si passa. Nessun ruscello bagna la vasta prateria giacchè il suolo è troppo uguale perchè un corso d’acqua possa trovarvi un declivio qualsiasi; vi sono invece numerose pozzanghere sparse nella campagna, dove calano stormi d’uccelli. Dopo le grandi pioggie le pozzanghere si congiungono le une alle altre e formano uno specchio d’acqua continuo; nei terreni inferiori al livello delle piene dei fiumi, l’acqua infiltrata del suolo forma vaste paludi.
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Alföld Petöfi
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