Non abbiamo noi forse tutto ciò che abbisogna all’uomo? Il Banato ci dà il grano, la Tisza il vino e la carne, la montagna il sale e l’oro. La nostra terra ci basta!»
Come appo la maggior parte dei popoli giovani, gli uomini tengono a tutto ciò che è bello e impiegano nelle loro acconciature, che d’altronde nulla hanno d’effeminato, forse maggior cura delle donne. Il vero Magiaro, il pastore della puszta è fiero del-l’eleganza del suo costume festivo. Ha il cappello guarnito di nastri e di fiori a vari colori; un fazzoletto di seta gli chiude a guisa di cintura la giacchetta rossa o azzurra con bottoni di metallo; il suo pastrano di panno bianco è ricamato a fiori, fra i quali campeggia l’orgoglioso tulipano, l’emblema nazionale; ha la camicia elegantemente tagliata a festoni, e calzoni di tela con lunghe frangie che si rigonfiano sugli stivali a speroni risonanti. Bisogna vederlo ballare, quando la voluttuosa csárdá trascina le coppie nel vortice della danza. Il ballerino ungherese è artista; i suoi movimenti non sono studiati, ma ne improvvisa di quelli che corrispondono allo slancio dei suoi sentimenti e della sua gioia: conserva però sempre nella foga una grazia virile. Inseguendo la sua ballerina che gli sfugge, si nasconde, poi si ravvicina, egli ama di far sentire il rumore degli sproni, batte i piedi in cadenza eccitandosi con grida di gioia, fa svolazzare le sue frangie, si gira e si slancia senza sforzo apparente, nell’estasi del moto o del suono.
L’ Ungheria è il paese d’Europa nel quale l’uso del latino giuridico si è conservato più lungamente: nel 1843 lo si parlava ancora.
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