La confusione delle nazioni e degli idiomi e l’odio della corte austriaca contro la lingua nazionale avevano contribuito a diffondere una orribile mescolanza di frasi latine e di parole ungheresi, che furono adoperate specialmente durante il secolo XVIII. Di recente ancora non era raro sentirsi salutare in latino, e molte elocuzioni poco ciceroniane sono tuttora volgarmente usate nel loro linguaggio. La parola deák, che significa dotto, letterato, era divenuto sinonimo di latino, e tutte le persone istruite, di origine magiara o tedesca, serba o rumana, per conversare si servivano del pomposo idioma ereditato del popolo-re: si procuravano così una specie di nazionalità comune, che scomparve col linguaggio e molti scrittori hanno rimpianto. Durante la Riforma, la letteratura ungherese era quasi esclusivamente religiosa e si sa che essendo assai numerose le parole dell’idioma primitivo che si sono conservate, il magiaro allora parlato differiva ben poco da quello d’oggigiorno.(221) In poco tempo la propaganda protestante fece nascere una letteratura religiosa in lingua popolare; poi vennero gli storici, i poeti epici, lirici ed anche drammatici. Lo zelo degli attuali scrittori per la cultura del loro bell’idioma fornisce ai Magiari una potente influenza, della quale si sono valsi, a profitto della loro razza. L’ idioma ungherese divenuto la lingua governativa, contribuisce considerevolmente alla magiarizzazione degli abitanti di diverse razze che popolano quella contrada; ma l’ostilità politica delle altre popolazioni si manifesta sovente collo speciale attaccamento al loro proprio idioma.
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Riforma Magiari
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