In poche settimane, i valori di borsa scemarono di parecchi miliardi; il capitale delle banche, vero o fittizio, scemò dei due terzi; quattro quinti degli stabilimenti finanziari sparirono,(357) e tutto il movimento industriale si trovò paralizzato.
      Dopo il dissesto finanziario, gli affari continuarono a languire in Austria-Ungheria e si è constatato un regresso in parecchi rami di produzione; tuttavia vi fu qualche progresso complessivo, grazie ad una coltura più accurata del suolo, all’apertura di nuove vie di comunicazione, allo sviluppo del commercio coll’estero. Il movimento totale degli scambi dell’Austria-Ungheria oltrepassa 2 miliardi e mezzo di lire it.,(358) il che equivale ad un po’ più di 60 lire per abitante, cioè in proporzione il quarto del commercio della Francia, l’ottavo di quello dell’Inghilterra. Però nello spazio di una sola generazione, il traffico coll’estero è quintuplicato,(359) benchè nel frattempo l’impero abbia perduto le sue più ricche provincie, quelle dell’Italia. Attualmente, l’Austria-Ungheria occupa nel mondo commerciale il settimo posto; vien dopo le Isole Britanniche, la Germania, la Francia, gli Stati Uniti, il Belgio, la Russia.
      Il breve sviluppo del litorale posseduto dall’Austria e dall’Ungheria non permette al commercio marittimo di assumere un’importanza eguale a quella degli altri paesi d’Europa; gli scambi per mare non si elevano che al quinto circa degli scambi per terra ed il movimento della navigazione resta stazionario,(360) anzi è diminuito di qualche cosa dopo il 1870, tranne pei battelli a vapore.