La Russia, si trova come arrestata d’un tratto. Non le è più lecito proseguire la propria missione soccorrendo contemporaneamente altre nazioni che contavano forse sull’aiuto di lei. D’altronde l’Austria-Ungheria è messa sopra una via dove non si può arrestare: bisogna arrivare in fondo o soccombere. Ed arrivare in fondo vuol dire annettere quanto della Turchia europea non si potrà negare alla Grecia, aggiungendovi forse, con vincoli somiglianti a quelli della costituzione imperiale tedesca, i principati di Rumania, Serbia e Montenegro, persino la stessa Grecia. È possibile che la Germania, di fronte a cosiffatto ingrandimento del suo caro amico ed alleato, non abbia già determinati quali saranno i propri compensi?
Ora a noi altri non giova arrestare, se anche fosse possibile, la monarchia degli Asburgo sulla nuova via dove si è messa. Invece sarà necessario mettersi in grado di aiutarla il giorno nel quale certi amici dell’oggi si faranno innanzi colla nota delle spese. Toccherà a noi di ridurle, non solo, ma di non lasciar pigliare, in conto di quelle spese, la nostra parte, che avremo nel frattempo meritato.
In questo senso l’occupazione della Bosnia ha non solamente mutato l’aspetto del problema orientale, non solo compromesso le speranze di autonomie nazionali che si facevano vive nella penisola dei Balkani; ma altresì mutati i rapporti dell’Austria-Ungheria coll’Italia. In apparenza ha messo una cotale freddezza dispettosa in luogo dell’amicizia; nel fatto, ha associato ormai i destini delle due Potenze per guisa, che qualsiasi rivalità si sollevasse tra loro, le farebbe dare addietro ciascuna di un passo, sopra una via tutta seminata di pericoli.
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