Il tedesco, per il numero degli individui che lo parlano del pari che per la parte della nazione nella storia e per la sua influenza presente nei destini del mondo, è diventato una delle lingue dominanti del pensiero umano.
      Grazie al comune linguaggio, che dava una medesima vita intellettuale e nazionale a tutti gli abitanti del paese, dalle Alpi al Baltico, l’unità della Germania era fatta da lungo tempo negli spiriti, quando fu consacrata dalla costituzione politica. Essa si compì per impulso popolare più che per volontà dei governanti: gli effetti dell’accentramento vi ebbero una parte assai minore che in Francia. V’è certamente maggior rassomiglianza di costumi e d’idee fra i Frisoni e i Bavaresi, fra i Prussiani e gli Svevi che non fra i Bretoni e i Provenzali, fra i Baschi ed i Normanni. Tuttavia le diversità di carattere sono grandi e si constata con piacere che la civiltà moderna non le ha ancora fatte scomparire sotto la sua mano agguagliatrice. Il mite e pieghevole Austriaco, lo Svevo ingenuo e tenace, il sottile Assiano, l’intelligente Sassone, il serio Prussiano, il Frisone fiero della sua antica indipendenza presentano ancora molte differenze di costumi e di genio che ricordano le antiche individualità provinciali.
      Fra tutte queste popolazioni di razza germanica più o meno pura, quale è quella che si può considerare come il vero centro di gravità della nazione? I Prussiani diventarono preponderanti in politica, grazie alla situazione geografica del loro Stato ed alla forza di coesione procurata loro da solidi eserciti di funzionarî e soldati, nondimeno non si possono dire i migliori rappresentanti della razza; questi debbono cercarsi fra gli abitanti della Germania centrale, nella Turingia, nella Franconia, sulle rive del Reno, nella Svevia, in questo paese così notevole per la sua fecondità d’uomini di genio.