Ma venne il giorno in cui i negozianti della Svevia videro chiudersi i porti dell’Oceano; la penisola Iberica cessò di appartenere all’imperatore di Germania e gli Olandesi diventati potenti alla loro volta, chiusero ai Tedeschi colle tariffe doganali, le porte del Reno e della Mosa.
Poi vennero le spaventose guerre di religione, che ricondussero i Tedeschi verso la barbarie. È difficile farsi un’idea della spaventosa distruzione di uomini e dei disastri di ogni genere cagionati dalla guerra religiosa dei Trent’Anni. Alcuni paesi dell’Assia e del Württemberg diventarono terre affatto deserte; parecchi villaggi furono abbandonati tra gli sterpi e siffattamente dimenticati che i cacciatori rimasero più tardi attoniti di trovarne gli avanzi.
L’industria era morta nelle città, e nelle campagne intere popolazioni si erano disusate alla coltura dei campi. I calcoli più modesti portano a più di sei milioni d’uomini, cioè ad un terzo degli abitanti della Germania, le moltitudini portate via dalla guerra, dalla peste e dalla fame; nel Württemberg la popolazione che era nel 1634 di 345,000 abitanti, nel 1641 era ridotta a 48,000, circa il settimo. Il paese riprendeva di nuovo l’aspetto che doveva presentare al tempo della grande foresta ercinia. I costumi avevano preso un carattere di spaventosa selvatichezza; la vita dell’uomo non aveva più alcun valore, gli eccidî i più crudeli erano diventati facili trattenimenti.
Dopo queste atroci guerre religiose, il paese impoverito in ogni maniera, non aveva più che un piccolo numero di uomini di genio: era come decapitato.
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