Il suo nome, derivato dalla parola eiv, è sinonimo di «Paese delle Nevi.» Vasti spazî sono coperti di pietre, che bisogna ammonticchiare per trovare terreno coltivabile; in molti luoghi i campi non sono utilizzati che dopo essere stati lasciati per 15 o 20 anni incolti: bruciano lo strato superiore del terreno e seminano l’avena in mezzo alle ceneri; dopo due o tre anni di lavoro il suolo è di nuovo abbandonato.
L’Eifel è notevole per i suoi numerosi vulcani, che eruppero attraverso gli schisti, i calcari ed i gres dell’altipiano e che fiammeggiavano sulla riva dell’antico mare, il cui letto è coperto ai dì nostri dalle alluvioni della bassa Germania. Questi vulcani, grandi e piccoli, sono in alcuni distretti così vicini gli uni agli altri, come le rocce eruttive dei Campi Flegrei. Ve ne hanno alcuni di un profilo affatto regolare, e il cui cratere ha la forma netta di un taglio; altri hanno il loro orificio terminale frastagliato, o portano coni avventizî sui fianchi; correnti di lava si spandono lontano dalle fessure dei loro declivî. Ma, oltre ai crateri, si trovano in gran numero sull’altipiano abissi circolari profondi 100 e più metri. Non sono vere bocche vulcaniche, perchè questi baratri, chiamati maare nel paese, si aprono negli schisti argillosi ed in altri terreni stratificati; alcuni però servirono temporaneamente di cratere, ma dopo essere stati formati in istrati più antichi. Quale è l’origine di questi baratri? I geologi li credono prodotti da bolle enormi,(30) o dal precipitare di caverne sotterranee.
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