Il fiume, che metteva foce altra volta in un mare interno, il quale occupava il vasto spazio triangolare lasciato tra le montagne, fu, a grado a grado, rigettato al piede delle alture settentrionali dall’ampio cono di detriti, recati dalle correnti dei ghiacciai delle Alpi, e dovette prendere perciò la forma semicircolare, che presenta sempre la base dei coni di deiezione: dell’antico lago non rimangono più alcune paludi, il Donau-Ried e il Donau-Moos, che scemano a poco a poco di estensione sotto gli sforzi continui dei coltivatori. Fiumi erranti, qua e là ricolmi, s’incrociano ancora nelle campagne, ma si separano a poco a poco dalla corrente principale; la natura ne conquista le rive, le quali si cambiano in laghi, poi in paludi, che alla fine scompariranno. Quanto agli affluenti del fiume, quelli delle due rive differiscono singolarmente per la loro importanza, e per lo effetto stesso dello spostamento dell’arteria mediana del bacino nella direzione settentrionale. I tributarî della riva sinistra, la Wernitz, l’Altmühl, la Naab, la Regen, che d’altronde non sono alimentati da grandi nevi, hanno potuto svilupparsi soltanto sino all’escita delle loro valli dalle montagne o dalle colline, mentre gli affluenti alpini, l’Iller, il Lech, l’Isar e l’Inn si prolungarono nella pianura, a 100 e 150 chilometri dalle Alpi, dove hanno origine; l’Inn stesso, corso d’acqua superiore al Danubio per la massa liquida, ma di molto inferiore ad esso storicamente come via seguita dai popoli, continua sino alla stretta di Passavia, all’estremo angolo del bacino bavarese.
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