L’ordine delle migrazioni, da cui dipende in gran parte il grado di civiltà in cui troviamo contemporaneamente i diversi popoli, non è bene accertato. Schleider deduce che primi a partire furono i Germani; il Bopp, al contrario, li mette per ultimi: mentre Freeman, Gorresio, Pictet s’accordano nel dire che primi ad emigrare fossero i Celti, seguiti dagli Elleni, ai quali, ultimi, tennero dietro i Romani. Poi vengono i Germani che dopo di essersi trattenuti per parecchi secoli nelle selve scandinave occuparono la Germania propriamente detta.
La comune origine dei Greci, dei Latini e dei Germani pare già presentita in certo modo dagli autori antichi per la frequenza dei rapporti che scorgono e notano meravigliati fra questi tre popoli ed altri riconosciuti poi della stessa schiatta. Nè ciò è sempre effetto di un’erudizione inutile e lo provano i tentativi fatti per spiegare queste analogie.(40)
Per quanto s’attiene alla parte che rappresentano i popoli germanici nell’umanità, al loro contributo all’incivilimento, noi ci troviamo di fronte ad opinioni affatto opposte, dal Boulainvilliers, che loro attribuisce un’influenza estesissima, al Dubos che assegna ai Romani questa influenza, mentre gli autori ecclesiastici la ripetono dalla Chiesa. Ma non ci pare dubbio, che tutti i grandi popoli ebbero una particolare missione ed una particolare attitudine a compierla. Montalembert, Littré ed Ampère riconobbero nei Germani quell’energia virile che mancava ai servi dell’impero, energia la quale fece sì che nei nuovi regni fondati da essi ritornassero la forza ed il vigore, sebbene il Germano vi deteriorasse i suoi costumi e la sua indole; così quella forza guerriera che prima è elemento distruttore si converte in un potente elemento di progresso.
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