In parecchie valli i villaggi sembrano confondersi colle pietre circostanti: non si vedono che rottami, in mezzo ai quali spuntano qua e là magri cespugli.
Le diverse catene laterali del sistema, d'arenaria o di calcare, sono quasi uniformemente parallele: allineate da nord a sud o da nord-est a sud-ovest, hanno tutte il pendio più lungo volto verso l'altipiano, mentre dalla parte dell'India le chine sono dirupate. In parecchi luoghi è impossibile tentarne la scalata: a sud del colle di Gomul si contano sette di queste catene parallele; più a nord, là dove passa il fiume Suri, le creste successive sono in numero di dodici, disposte "in ordine militare" [49]. Le catene occidentali, le più alte e visibili dalle pianure dell'Indo al di sopra delle altre creste, sono talvolta indicate dagli Afgani col nome di Koh-i-Siah (Siah koh) o "montagna Nera", mentre la parte bassa del sistema è il Koh-i-Surkh (Surkh koh) o "montagna Rossa". Di tratto in tratto le catene sono tagliate da chiuse o darah colle pareti verticali, sul cui fondo scorrono durante la stagione piovosa torrenti effimeri: la disposizione delle montagne dà al loro corso la forma d'una linea spezzata, le cui parti si succedono tutte ad angolo retto [50]. La montagna più alta del Sulaiman-dagh orientale (3,560 metri), il Pirgul o "Santo Azzurro", domina i gruppi situati a nord del passo di Gomul. Il gruppo più famoso è quello al quale si dà specialmente il nome di "Trono di Salomone", Takht-i-Sulaiman, di cui si vede dalla pianura la doppia vetta sorgere alle due estremità d'una cresta lunga 8 chilometri.
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