Ai Balutsci, che costituiscono il grosso della popolazione, si sono unite genti di tutte le nazioni commerciali dell'Oriente, Persiani, Baniah dell'India e di Zanzibar, Ebrei e Malesi; gli Arabi sono poco numerosi, ma sono dessi che comandano. La grande industria di Gwadar è la pesca: secondo Mac Gregor, gl'indigeni avrebbero centinaia di battelli ed una trentina di grossi bastimenti pei viaggi di Mascate, di Karatsci, di Bombay e del Malabar. I piroscafi inglesi toccano due volte il mese lo scalo di Gwadar e lo mettono in relazione diretta di commercio col mondo civile; importano specialmente cotonine ed altre stoffe, legname da costruzione, riso, zucchero, mentre per l'esportazione le carovane dell'interno recano lane, cotone greggio, burro della valle di Kegi e gli eccellenti datteri di Gialk e del Pangigur; spedisce pure grande quantità di pesci salati e pinne di pescicani, pei buongustai cinesi. Nei fianchi della collina, che domina la penisola di Gwadar, si vedono gli avanzi d'un vasto serbatoio di costruzione portoghese [196].
Si cita frequentemente Kegi come città principale del Mekran balutscio, ma non ve ne è alcuna di tal nome; il Kegi è un insieme d'oasi, aventi ognuna il proprio villaggio distinto [197]. Allo stesso modo Tamp, Mand, Nigor, Sami, Dast, Parom, Pangigur sono confederazioni di villaggi sparsi in mezzo ad oasi. I giardini di Pangigur, inaffiati da karez, di cui si attribuisce ai geni la costruzione, producono diciassette sorta di datteri [198].
Il khan appartiene alla famiglia balutscia dei Kambarani, che si pretendono d'origine araba e non danno le loro figlie in matrimonio ad uomini di tribù differenti.
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