Ivascintzov ha misurato 5,628 metri con operazioni trigonometriche: gli scrittori persiani, che, colla loro ignoranza completa della misura, vedono nel Demavend il monte più alto della terra, parlano di 30 chilometri di altezza [211]. Da Teheran si vede, anche di notte, dominare l'orizzonte, e, quando il sole si leva dietro l'Elburz, la sua grande ombra nera si projetta lontano sui vapori della pianura; si scorge anche dalla base delle montagne di Kascian, al di là della zona dei deserti. Non pare che nei tempi storici il Demavend abbia avuto eruzioni, ma colonne di vapore s'alzano frequentemente dalle fessure della vetta e sopratutto dal cono avventizio di Dudi kuh o "monte del Fumo", che sorge sul pendìo meridionale: questi vapori hanno fatto talvolta fondere gli strati di neve, che coprono il cono terminale, ed i piccoli ghiacciai dei burroni circolari, producendo così violenti diluvi, che hanno trascinato valanghe di detriti sulle terrazze inferiori. Fontane termali abbondantissime, che sgorgano sulla periferia della montagna e diffondono lo stesso odore solforoso delle fumarole della cima, sono formate dalle nevi fuse, che filtrano sotto gli strati di cenere; vengono usate esclusivamente per la cura delle malattie, avendole gli agricoltori riconosciute funeste alla vegetazione. Inoltre i ruscelli ferruginosi e quelli che depositano travertino, scolano in grandissima copia dai pendii del Demavend. Secondo De Filippi, il vulcano era ancora attivo, quando già sull'altipiano iranico le alluvioni avevano colmato gli antichi laghi.
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