Già nel decimo secolo, Istakhri diceva che il "Sahara persiano", di cui non conosceva il nome presente, era il più cupo deserto fra tutte le contrade soggette all'Islam. Quando si contempla dall'alto di qualche collina circostante, lo si vede stendersi a perdita di vista, simile ad una "massa di metallo incandescente d'un rosso pallido": non v'ha ombra, che righi l'immensa superficie illuminata da una luce intensa, dal levare al tramonto del sole. Tuttavia l'aspetto del Lut è un poco meno desolante di quello di certe steppe del Turkestan russo, giacchè la curva dell'orizzonte non forma mai un circolo assolutamente regolare; montagne bluastre o violette, simili a leggiere nuvole, rompono la monotonia dello spazio e mostrano ai viaggiatori la direzione da seguire [244].
In generale le parti più cave dei bacini persiani sono occupate da stagni salini, che contrastano coi sahara sabbiosi; nelle regioni dell'Iran settentrionale vengono chiamati kewir, e nell'Iran meridionale kefih e kafah: il più vasto è quello che si prolunga nel deserto a nord delle montagne di Tebbes. Un altro kewir, che dicesi misuri 75 chilometri di circonferenza, si vede dall'alto della "montagna Nera", nella direzione di Kascian; ma il miraggio ingannatore raddoppia forse la sua superficie reale, del pari che presso Kom cambia continuamente la forma del Kuh Telismah o "monte del Talismano": [245] nel colmo dell'estate lo stagno non esiste più, le sue acque fangose sono sostituite da una terra rossa striata dalle bianche effiorescenze saline.
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