Spesso assalite dai Turcomanni, le città del versante settentrionale delle montagne, a nord di Mesced, non hanno potuto ingrandirsi e prosperare, come non mancheranno di fare, quando la pace permetterà di coltivare i pendi fertili di Dereghez, la "Valle dei Tamarischi" e le campagne della pianura non saranno più devastate. Mohammedabad, Lutfabad, ancora recentemente povere borgate, diventeranno certamente importanti città, quando i grani, le uve ed altre frutta, le lane e le stoffe grossolane dei Turcomanni andranno a scambiarsi contro i prodotti delle manifatture persiane. Ma quante città distrutte, quante ruine ammucchiate in quelle regioni così fertili, una volta coltivate dalle popolazioni laboriose della Margiana! Dai promontorî, che s'avanzano nella pianura del Tegien, si può vedere in certi punti l'orizzonte tutto dentellato di rovine "innumerevoli" di torri e di muraglie tremolanti nel miraggio [326]. Qua e là città intere, colle loro strade, colle loro piazze, colle loro fortezze e mura di cinta, sono rimaste in perfetto stato di conservazione, quali erano dal giorno in cui furono abbandonate; loro abitanti sono soltanto i leopardi e gli sciacalli. La grande città di Khivabad, che Nadir-sciah aveva popolato di prigionieri khiviani e bokhariani, è una di quegli spettri di città che i viaggiatori attraversano in fretta, ma dove nessun indigeno prenderebbe alloggio. I Turcomanni, che coltivano le terre di Khivabad, abitano tutta la pianura del Tegien, 25 e 30 chilometri a nord, ma a nessun patto consentirebbero ad accampare nell'interno della città; per difendersi contro un'invasione, edificherebbero piuttosto una nuova città accanto all'antica.
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