Il viale di circa quattro chilometri, che mena al Zendeh rud (Zainda rud) o "Fiume della Vita", è la gloria d'Ispahan e termina degnamente con un ponte di trentaquattro arcate, coperto da un'elegante galleria traforata. Più giù un altro ponte, che è pure una meraviglia di costruzione, attraversa lo Zendeh rud; questo continua a valle con una piazza lastricata, sotto la quale passa il fiume per andare a scaturire più in basso, espandendosi in masse schiumose sopra scalini di marmo. Il ponte superiore congiunge alla città il grande subborgo di Giulfa, ancora abitato dai discendenti degli haikani immigrati in principio del secolo decimosettimo. In questo capoluogo religioso degli armeni ortodossi della Persia, dell'India e dell'Estremo Oriente, non vivono più che sei-cento famiglie della nazione; ma a nord-ovest, nella valle di Feridun, alta più di 2,500 metri, che confina col paese dei Bakhtyari, parecchi villaggi sono popolati d'Armeni; in qualche comunità tutti gli Haikani, venuti dalla Georgia, si sono convertiti all'Islam, ma parlano ancora la lingua georgiana, [377] e le donne, come quelle d'Erivan, hanno la bocca coperta d'una benda. Protetti dalla Russia, e del resto più istruiti, più attivi della maggior parte dei Persiani, che li circondano, gli Armeni d'Ispahan hanno riacquistato una grande influenza negli affari commerciali. Gli Ebrei del pari possono considerare Ispahan come la loro capitale in territorio iranico: ivi appunto sono più numerosi, e nel bazar hanno centinaja di botteghe.
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