Il nome stesso della città significherebbe "Cinta di Darab o Dario", [388] ed una rupe levigata d'una montagna vicina è adorna del bassorilievo, rappresentato in tanti altri luoghi della Persia, Valeriano che s'inginocchia davanti a Sapore; le sculture, d'un aspetto grandioso, sono disgraziatamente assai inferiori, e non si vede traccia alcuna d'iscrizione. Un altro monumento antico dei dintorni di Darab è un tempio sotterraneo, tagliato nella roccia, ma non offre che pareti lisci, senza bassorilievi e statue. A Darab, all'epoca dell'invasione degli Arabi, si rifugiò l'ultimo Sassanide, Yezdigierd, prima di mettere il deserto fra sè e i vincitori. A nord di Darab, la città di Niris, che ha dato il nome al lago più ragguardevole del Farsistan, fu già un centro del babismo; le persecuzioni hanno spopolato il paese [389].
Nel Farsistan settentrionale, vale a dire sull'altipiano, fuori della regione delle gole, esistono soltanto due città di qualche importanza; Abadeh, situata a metà strada fra Sciraz ed Ispahan, e Kumisceh, circa 100 chilometri più vicina all'antica capitale dell'Impero. Questa città, circondata da alte muraglie, merita proprio il suo nome, che significa "Luogo di colture", giacchè le campagne circostanti, sparse di villaggi e lavorate con cura, sono assai produttive. Abadeh possiede un'industria speciale, quella della scoltura in legno; i suoi abitanti sono di una grandissima abilità nell'intagliare astucci, calamai, cucchiai, scatole, giuochi di scacchi in legno di pero.
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