Gli abitanti coltivano ognuno il proprio terreno, mentre le genti del Bampur lavorano come mercenarî nelle proprietà della corona [399].
Bampur è ancora a 300 chilometri dal posto di Meshkid, dove passa la frontiera ufficiale fra i due Balutscistan, di Persia e di Kalat; ma in tutto questo vasto territorio non vi sono città, ma appena casolari, accampamenti e forti in istato di conservazione o in rovina. Gialk, ossia la "Desolata", che si rappresenta sulla carta come la capitale d'un vasto distretto, è semplicemente un gruppo di fortini, circondati da coltivazioni e gruppi di datteri [400]. Così pure Pip, Bint, Anguran sono oasi con casolari sparsi. In questi paesi, cui percorrono i ladroni balutsci, non si è più in Persia, sebbene le delimitazioni politiche abbiano dato il territorio all'Iran. Bampur medesima è una borgata più indù che persiana: il suo nome è indostano; gli abitanti, quasi neri come i giat, praticano la religione sunnita, abborriti dagli sciiti dell'altipiano d'Iran; le donne si in-filano degli anelli nel naso e si anneriscono i denti, masticando noci di betel [401].
Le coste del Mekran attribuite politicamente alla Persia non sono più popolose di quelle dell'est, che dipendono dal khanato balutscio: alcune oasi, sparse come isole in mezzo al mare, rallegrano di tratto in tratto le regioni aride dell'interno, e piccoli posti si succedono lunghesso il litorale. Khobar (Tsciaobar o Tsciaubar), posto su di una punta, all'imboccatura d'una baia, che penetra profondamente nell'interno, e Giask, fabbricata alla radice d'un promontorio, sulla spiaggia d'una rada aperta, dove l'onda va a morire fra le rizofore, sono i villaggi, nei quali si fa il traffico principale; hanno anche qualche importanza come stazioni del telegrafo continentale che collega Londra e Calcutta per il Caucaso e la Persia.
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