L'henné di Minab s'esporta a Bombay, ma la maggior parte del raccolto si manda a Yezd ed a Kirman [404].
All'epoca di Marco Polo, la città di Hormos od Ormuz, che era allora il centro d'un commercio "immenso" e dove andavano i mercanti dell'India con vari carichi di spezie, pietre preziose, perle, stoffe di seta e d'oro, zanne d'elefante, trovavasi in terraferma. Il sito della vecchia città, in parte coperto di rovine, è stato ritrovato nel corso del Minab, una diecina di chilometri a sud-ovest del forte, che sorge nel centro dell'oasi dei giardini [405]. Devastata dai Mongoli, Ormuz fu ricostruita in un'isola, di forma quasi rotonda, posta 6 chilometri circa dalla terraferma: Albuquerque s'impadronì della città nel secolo decimosesto, e vi si avviarono a beneficio dei navigatori portoghesi gli scambi delle derrate più preziose dell'Oriente e dell'Occidente. La città era situata nella parte dell'isola più prossima al continente: c'è ancora un piccolo villaggio segnalato in lontananza da un minareto e da una fortezza portoghese, in buono stato di conservazione. Palazzi e chiese sorgono in diverse parti dell'isola d'Ormuz, e sulla più alta collina, che oltrepassa 200 metri, c'era la cappella, che serviva nello stesso tempo da segnale marittimo, di Nostra Senhora de la Penha: profonde cisterne sono scavate nella roccia. Gelosa del commercio dei Portoghesi, la compagnia inglese delle Indie fece alleanza colla Persia e, dopo un lungo assedio, il forte dovè aprire le porte; la città fu saccheggiata e demolita; anzi i materiali da costruzione furono portati via per servire agli edifizî di Bandar-Abbas [406]. Le poche barche d'Ormuz esportano soltanto pesce salato, una terra ocracea, che serve da materia colorante, e sale, che si raccoglie dopo le pioggie nei burroni scintillanti di bianco, i quali tagliano le colline del-l'interno, composte di salgemma.
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