Vero è che migrazioni in senso inverso, che non erano tutte spontanee, hanno avuto luogo da un territorio all'altro all'epoca d'ogni nuova conquista della Russia. Così dal 1828 al 1830 più di centomila Armeni di Turchia e di Persia, sperando di trovare la libertà in paese cristiano, andarono a chiedere asilo al governo russo e riceverono le terre abbandonate dagli emigranti kurdi e tartari, che dal loro canto erano fuggiti in paese maomettano. Del pari, dopo il 1877, si sono fatti degli scambi di popolazione fra l'Armenia turca e le provincie annesse alla Transcaucasia russa. I Turchi d'Ardahan e di Kars hanno seguìto verso Erzerum e Sivas la ritirata delle loro truppe, quelli d'Artvin si sono diretti verso l'altipiano di Van, mentre degli Haikani dell'alto Tsciurukh, d'Erzerum, di Van venivano a prendere, intorno alle fortezze moscovite, i posti lasciati vuoti. Nell'insieme l'impero ottomano ha guadagnato di più nel cambio; i musulmani non vogliono più vivere sotto il dominio russo e vanno a raggiungere i loro fratelli, mentre un certo numero d'Armeni della Turchia temono ancora meno la brutalità dei pascià che le vessazioni dell'amministrazione moscovita [497]. Le invasioni russe hanno avuto per risultato principale di trasformare l'Armenia in Turkestan [498].
Tuttavia questi cambiamenti notevoli nell'equilibrio degli elementi etnici, cambiamenti che furono accompagnati da una terribile mortalità, prodotta dalla fame, dalle febbri, dalla nostalgia, sono lontani dall'aver prodotto una delimitazione etnologica coincidente col tracciato convenzionale della frontiera.
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