Più oltre, sulla costa, si mostra il piccolo porto di Keresun o Karassonda, altra colonia greca, l'antica Kerasos, dalle mura ciclopiche, donde Lucullo portò già a Roma le prime piante di ceraso: l'antica denominazione dell'albero, keraz in armeno, prova che la città gli deve il proprio nome [534]. All'epoca del viaggio di Tournefort, Keresun era circondata da foreste di ciliegi; nondimeno sono principalmente le nocciuole che si esportano dal paese. Nel 1881 gli abitanti ne hanno venduto 3,500 tonnellate per un milione e mezzo di lire; il terzo degli acquisti è fatto da negozianti russi, che caricano le nocciuole su bastimenti a vela [535].
Fra Trebisonda ed Erzerum la principale tappa è Baiburt, nel bacino del Tsciurukh, nel suo ramo orientale superiore, a piedi della salita del Kop-dagh. Non è che un mucchio di casupole e di rovine, simile a tutte le altre città delle montagne dell'Armenia turca, ad eccezione d'Erzerum; un importante castello fortificato di costruzione selgiucida domina la borgata, meno fiero però d'una delle fortezze vicine, il Ghenis-kaleh o "Castello-Genovese", eretto un tempo dai commercianti italiani sulla strada della Media [536]. Le miniere di argento dei dintorni di Baiburt non sono esercitate più di quelle di Gumish-khaneh o "Casa d'Argento", posta più ad ovest, nel bacino superiore del Kharsciut, sopra una collina dirupata, cui circonda un circo di granito. Ancora alla metà del secolo questi giacimenti argentiferi erano i più produttivi dell'impero ottomano; essi sono stati in parte sommersi [537]. Gumich-khaneh era la scuola mineraria per eccellenza, e gl'ingegneri di Costantinopoli vi andavano a studiare la loro professione.
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