Le foci dello Sciat e del Bamiscir, i letti abbandonati dalla corrente, gli scoli delle acque superiori, gli stagni d'inondazione, le spiagge fangose formano insieme uno spazio indeciso, che non è più il mare e non è ancora la terra: è una regione, che si può paragonare al Sanderban del Gange, ma la vegetazione ne è molto meno ricca; invece di macchie impenetrabili d'arbusti intreccianti tronchi e rami, non si vedono che canneti nella pianura inondata, e nelle ore della marea, i viaggiatori, che hanno già passata la barra e rimontano la corrente fluviale, potrebbero credere d'essere ancora in mare; senonchè all'orizzonte del nord, alcune file di palme, di cui non si scorgono che i ventagli, si mostrano nell'aria come stormi d'uccelli. Alcune salsolee coprono gli spazi salini superiori al livello d'inondazione, mentre sulla terra già ferma, ma ancora inondata periodicamente dall'acque dolci, nasce una specie di canna, il mariscus elatus, le cui radici fibrose s'intrecciano in un tessuto talmente fitto, che il suolo è trasformato in una specie di filtro resistente alle più forti piene; là dove il marisco s'è impossessato del suolo, non avviene più erosione: l'acqua scivola lungo le rive, senza intaccare il viluppo inestricabile delle radici [604]. Nelle acque basse e fangose, che orlano la zona dei canneti, vivono a miriadi delle triglie, che scavano buchi nel fango e lo sollevano a poco a poco, facilitando così l'invasione delle piante. La fauna dello Sciat-el-Arab è in parte marina.
| |
Sciat Bamiscir Sanderban Gange Sciat-el-Arab
|