I bracci sinuosi che percorrono questo dedalo di praterie palustri non sono navigabili, e Kalafat, il "borgo dei Calafati", dove una volta si calafatavano i battelli, è ridotta ad un'agglomerazione di capanne popolata da agricoltori ed ormai perduta dentro terra. Ai dì nostri le alluvioni del Mendereh, trascinate nel mare, sono prese dalla corrente dell'Ellesponto e portate lontano nel mar Egeo; solo una parte delle sabbie è rigettata sulla punta di Kum-kaleh, la cui fortezza è sepolta fino ai merli [748]. Una volta il fiume di Bunarbasci, quello che, a detta della maggior parte dei viaggiatori, sarebbe lo Scamandro d'Omero, s'univa al Mendereh per via di tratti paludosi; ma il rialzo che separava il bacino del Bunarbasci ed il versante della baia di Besika, avendo solo qualche metro d'altezza, si è avuto l'idea di scavarvi una fossa di scolo e di rigettare così le acque nel mare di Tenedos. La piccola catena rocciosa del capo Sigea, sormontata da montagnuole funebri, è così trasformata in un'isola. Una profonda trincea, aperta verso l'estremità meridionale della giogaia, ma ad un livello superiore a quello della fossa attuale, prova che in un'epoca molto antica, forse anche nei tempi trojani, si attendeva a regolare la distribuzione delle acque in quelle fertili e ridenti campagne.
[Immagine 083.png - N. 83. -- VALLE DEL TUZLA-SU].
I fiumi che dal monte Ida e dai gruppi vicini discendono al mar Egeo, non hanno un bacino tanto ragguardevole da fornire una portata media di qualche importanza; ma fra essi il Tuzla-su o "Fiume Salato", che nasce dal versante meridionale del monte Ida, si distingue per la forma bizzarra della sua valle; scavandosi un burrone in quelle altitudini nevose, scorre parallelamente alla riva del golfo d'Edremid, per gettarsi nell'Egeo, a nord del promontorio di Baba-kaleh.
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